In Svizzera, la previdenza per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità si basa su tre pilastri: la previdenza statale, la previdenza professionale e la previdenza privata. Questo modello consente di adeguarla in modo ottimale alle esigenze dei vari gruppi della popolazione e di ripartire al meglio i rischi di finanziamento. I tre pilastri hanno compiti diversi e sono anche disciplinati in modo differente. L’elemento centrale di questo sistema è la previdenza per la vecchiaia.
In Svizzera la prima pietra della previdenza per la vecchiaia venne posta il 6 dicembre 1925: Popolo e Cantoni approvarono a larga maggioranza un articolo costituzionale che prevedeva l’introduzione di un’assicurazione obbligatoria per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità. 20 anni dopo l’AVS venne effettivamente istituita: nel 1947 il Popolo approvò la relativa legge e a gennaio del 1948 furono versate le prime rendite di vecchiaia e per superstiti, d’importo compreso tra 40 e 125 franchi al mese
Le prestazioni dell’AVS, da allora costantemente sviluppate mediante diverse revisioni di legge, sono oggi integrate dalla previdenza professionale (obbligatoria dal 1985), dalla previdenza individuale vincolata (pilastro 3a, istituito nel 1987) e, se il reddito sotto forma di rendita non basta a coprire il minimo vitale, dalle prestazioni complementari (introdotte nel 1966).
Nella previdenza, l’adozione di sistemi diversi permette di ripartire i rischi di finanziamento. Il sistema dei tre pilastri è dunque più solido rispetto a un sistema previdenziale basato solo ed esclusivamente su un pilastro.
Il modello dei tre pilastri nella previdenza
1° Pilastro: la previdenza statale – Ridistribuzione
La previdenza statale è l’AVS. Essa garantisce la copertura del fabbisogno di base all’intera popolazione. La legge prescrive l’ammontare dei contributi, le prestazioni da versare e le modalità del loro calcolo. Se il reddito sotto forma di rendita non basta a garantire il sostentamento, vengono versate prestazioni complementari al fine di coprire il fabbisogno vitale.
La previdenza per la vecchiaia statale è disciplinata secondo il sistema di ripartizione: il denaro versato all’AVS è trasferito dagli assicurati attivi direttamente ai pensionati, senza essere messo da parte. Il sistema di ripartizione presenta un grande vantaggio: poiché le entrate vengono
subito riversate ai beneficiari, l’andamento degli interessi e il rincaro hanno un’importanza marginale. Il sistema presenta però anche alcuni svantaggi: se il numero dei beneficiari di rendita aumenta in rapporto a quello di chi versa i contributi, vi è il rischio di uno squilibrio tra le entrate e le uscite. Il sistema di ripartizione dipende notevolmente anche dall’andamento dell’economia: se questo è positivo e la somma dei salari cresce, la base contributiva dell’AVS aumenta; al contrario, nei periodi di crisi con una disoccupazione elevata e salari bassi le entrate diminuiscono e vi è quindi il rischio che l’assicurazione registri deficit.
2° Pilastro: la previdenza professionale – Risparmio collettivo
La previdenza professionale ha lo scopo di garantire l’adeguata continuazione del tenore di vita abituale. A tal fine, le persone che esercitano un’attività lucrativa sono affiliate, obbligatoriamente o facoltativamente, a una cassa pensioni. Questi istituti sono gestiti dalle parti sociali, vale a dire da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, che decidono congiuntamente le prestazioni da versare e le modalità del loro finanziamento. In questo modo possono andare incontro alle esigenze degli assicurati, ma sempre tenendo conto di determinati requisiti minimi legali. Il finanziamento della previdenza professionale si basa sul sistema di capitalizzazione. Gli assicurati versano i contributi a una cassa pensioni, che poi investe il capitale accumulato. Nel momento in cui un assicurato va in pensione, la cassa converte il suo avere in rendita. L’assicurato può però anche chiedere che esso gli sia versato, integralmente o parzialmente, sotto forma di capitale. I dettagli relativi alla liquidazione in capitale sono stabiliti nel regolamento della cassa pensioni. Gli assicurati di una cassa pensioni risparmiano dunque per le proprie prestazioni future. Sono per tanto irrilevanti eventuali variazioni del rapporto tra il numero dei beneficiari di rendita e quello di chi versa i contributi. Per contro, l’aumento della speranza di vita assume grande importanza, poiché le rendite devono essere pagate più a lungo. Anche il rincaro, i tassi d’interesse bassi e le interruzioni dell’attività lucrativa portano a rendite più basse nel sistema di capitalizzazione.
3° Pilastro: la previdenza privata – Risparmio individuale
La previdenza privata serve a coprire ulteriori esigenze personali. Essa per mette alle persone che esercitano un’attività lucrativa di versare un determinato importo su un conto bancario o una polizza di assicurazione sulla vita. Questi versamenti possono essere dedotti dal reddito imponibile. Tranne in determinati casi eccezionali, il denaro risparmiato resta bloccato fino al pensionamento. In quel momento viene pagato integralmente e può essere utilizzato a piacimento.
La previdenza privata funziona secondo il principio di una cassa di risparmio: il denaro versato viene poi restituito, con gli interessi maturati, al momento del pensionamento. Questo sistema presuppone un reddito relativamente elevato, che consenta di mettere da parte qualcosa.
Ciascuno può decidere quanto versare in funzione della propria situazione economica. Il rincaro e i tassi d’interesse bassi incidono sul risultato del processo di risparmio e quindi sull’ammontare della prestazione al momento del pensionamento
Le prestazioni complementari – Un’integrazione importante
Talvolta le prestazioni previdenziali non bastano a garantire il sostentamento nella vecchiaia. Questo riguarda soprattutto persone che non hanno svolto alcuna attività lucrativa o avevano un reddito modesto e non hanno pertanto potuto costituire un secondo o un terzo pilastro. Spesso riguarda anche persone anziane bisognose di cure che vivono in un istituto. Le spese di soggiorno in istituto superano infatti le disponibilità finanziarie di molti residenti. Queste persone hanno diritto a prestazioni complementari, che permettono di coprire la differenza tra le spese riconosciute e i redditi computabili.